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24.4.2018

Quanti saranno gli ipermercati, i negozi, le aziende che rispetteranno la pausa di riposo dei dipendenti il 25 aprile e l’1 maggio ? Speriamo tutti, temiamo nessuno, prevediamo alcuni.

I sindacati (abbandonati, un po’ a torto e un po’ a ragione dalla maggior parte dei lavoratori) tacciono. E i consumatori? Sanno – anzi: sappiamo – di essere, potenzialmente, dei consum-attori? Di poter influenzare le scelte strategiche di grandi, medie e piccole imprese quanto – o forse più – delle stesse decisioni legislative e amministrative? Che cosa succederebbe se milioni di cittadini domani (Festa della Liberazione dal dominio nazi-fascista) e il Primo Maggio (Festa dei lavoratori) si astenessero – come abbiamo deciso mia moglie, io e alcuni amici –  dall’acquistare nei negozi aperti? Se anticipassimo alla vigilia, o posticipassimo al giorno successivo delle festività, le nostre compere non strettamente e urgentemente necessarie? Forse, l’anno prossimo (o negli anni prossimi), qualcosa muterebbe. E si avrebbe la riprova che la consapevolezza critica negli acquisti è – insieme al voto nella cabina elettorale – l’altra arma democratica a difesa delle nostre convinzioni.

   Già, le nostre convinzioni. Ma siamo davvero convinti che questa ipertrofia dei consumi (e, a monte, della produzione industriale) sia un danno non soltanto, immediato, per gli addetti alla distribuzione e alla vendita, ma, nella lunga distanza, per tutta la società? Che, secondo le teorie di economisti di tutto rispetto come Serge Latouche e Maurizio Pallanti, abbiamo bisogno di “de-crescere” dal punto di vista produttivo per poter crescere in servizi alla persona, tempo libero, occasioni di formazione culturale, relazioni umane significative?

   Probabilmente il 90% degli Occidentali- e del pianeta occidentalizzato – non arriva neppure a porsi questo genere di domande. Lo stile dei comportamenti abituali è dettato da motivazioni molto più elementari, basilari: la domenica e i giorni festivi vado a fare shopping (anche solo a mimare lo shopping dei benestanti) perché non trovo nulla di meglio da fare. Non sono appassionato di sport (né da vedere né ancor meno da praticare); mi stanca passeggiare in mezzo alla natura; non ho amici disposti a conversare con me intorno a una teiera o ascoltando musica classica; libri non ne tocco da quando ho smesso di studiarli per la laurea o per il concorso di carabiniere…Che c’è di più accessibile e gratificante di una giornata al Mega Centro Commerciale dove si possono persino posteggiare i bambini nell’angolo dei giochi e i nonni, se proprio non vogliono restare a casa incollati come gli altri santi giorni davanti alla Tv, a un tavolino del bar con un gelato in mano?

   Pascal lo aveva spiegato nel XVII secolo, Schopenhauer e Leopardi lo hanno ribadito nel XIX: la noia è una brutta bestia e, pur di evitarla, siamo disposti a farci del male. Come soggetti individuali e come collettività. L’unico conforto è che ogni perversione, estremizzata, perviene alla propria stessa dissoluzione: dunque anche l’umanità, se non opera un’inversione a U tanto radicale quanto improbabile, sta preparando la fossa in cui scomparirà definitivamente dalla faccia dell’universo.

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

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