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“Repubblica – Palermo”

16.5.2018

Per la decima o undicesima volta, almeno, anche a Palermo sarà celebrata giovedì 17 maggio la Giornata contro l’omofobia. Nella storia delle persecuzioni contro gli/le omosessuali nessuna tradizione politico-culturale è innocente; né il nazifascismo né il socialismo sovietico né il cristianesimo (per non parlare dell’islamismo). Perfino il liberalismo anglosassone, che fra tanti difetti dovrebbe almeno vantare il pregio di difendere i diritti individuali, ha rovinato l’esistenza di geni come Oscar Wilde e Alan Turing.

 

   La Sicilia, poi, è la patria di Alfredo Ormando, lo scrittore che il 13 gennaio del 1998 si diede fuoco in Vaticano per protestare contro l’ipocrisia cattolica sull’amore omofilo: come ogni amore è da rispettare, ma non da praticare! Non è un caso, dunque, che la tradizione palermitana dell’assemblea pubblica con successivo corteo sia nata all’insegna dell’autocritica ecumenica: cattolici, protestanti, ortodossi si riuniscono per rivisitare sia i passi della Bibbia letteralmente duri contro i rapporti sessuali fra soggetti dello stesso genere sia, soprattutto, quegli altri passaggi in cui la stessa Bibbia invita a oltrepassare i divieti storico-culturali per valorizzare la comunione autentica, sostanza perenne delle relazioni umane.

  Le autorità ecclesiastiche palermitane all’inizio non hanno visto di buon occhio l’iniziativa: l’arcivescovo Romeo arrivò a vietare l’apertura della chiesa parrocchiale di piazza della Pace per l’occasione e i partecipanti fummo costretti a incontrarci sulla strada antistante il portone sbarrato. Ma l’insistenza di alcuni preti illuminati e il nuovo corso di papa Francesco hanno dato dei risultati imprevedibili: nel corteo che si snoderà domani, dalle ore 19, dal Politeama sarà presente – accanto a ministri di vari culti - anche don Corrado Lorefice, attuale arcivescovo della diocesi palermitana.

  E’ molto significativo che, ogni anno, la presenza di eterosessuali in queste iniziative sia predominante rispetto alle associazioni di gay e lesbiche: essa, infatti, sottolinea che la libertà delle minoranze non è un affare delle minoranze perché, là dove si minaccia l’autodeterminazione etica di alcuni, è in gioco – prima o poi – la libertà di tutti.

 Per questo, se fosse possibile esprimere un desiderio, mi augurerei che da quest’anno alla manifestazione partecipassero non solo – come da tradizione – esponenti delle chiese e dell’associazionismo cristiano, ma anche (seguendo l’esempio del sindaco Leoluca Orlando) cittadine e cittadini di estrazione “laica”. Approfondire nella riflessione critica certe tematiche, non dare nulla per scontato,  fa bene a tutti: i roghi del passato, e gli atti di intolleranza del presente, sono possibili non solo per il fanatismo ideologico di alcuni, ma anche per il silenzio indifferente di molti.

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

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